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Per la determinazione dei valori di resistenza a compressione non è sufficiente utilizzare il solo sclerometro o il solo metodo ultrasuoni poiché ciascuno dei due metodi presenta alcune lacune che rendono la stima di ciascun metodo molto variabile. Combinando insieme i due metodi è però possibile diminuire le variabili che, rispetto ai risultati dei singoli metodi non distruttivi, conduce a precisioni maggiori nella valutazione della resistenza a compressione del calcestruzzo. Infatti da studi effettuati si è notato che:

- con il metodo ultrasonico si hanno sensibili variazione della velocità, all’aumentare dell’Rc, per classi di calcestruzzo di fascia bassa (minori di 35 N/mm2), diventando pressoché costanti per classi alte;

- con il metodo sclerometrico, i risultati sono variabili in funzione delle condizioni di carbonatazione superficiale del calcestruzzo ma si hanno buone variazione dell’indice di rimbalzo, all’aumentare dell’Rc, anche per classi di calcestruzzo alte (maggiori di 35 N/mm2).

In bibliografia esistono già diverse formule di correlazione note ma, dove è possibile prelevare un numero sostanziale di carote per prove di compressione ai fini statistici, è sempre consigliabile creare una curva sperimentale di taratura ad “hoc” con getti di calcestruzzo analoghi per cantiere, data, fornitore, ambiente di maturazione e classe di getto.


(UNI EN 12504-2)

Lo sclerometro consiste in una massa battente scorrevole su un’asta guida che riceve un’energia potenziale dalla tensione di una mola calibrata. La massa, battendo sul puntale, rimbalza in modo proporzionale alla durezza superficiale dell’agglomerato. Un indicatore viene trascinato dal movimento di rimbalzo della massa lungo una scala graduata, fornendo così il valore di rimbalzo (indice di rimbalzo “IR”).

Il metodo sclerometrico può essere utilizzato per valutare l’omogeneità del calcestruzzo in situ, per avere una indicazione della durezza superficiale, per delimitare regioni superficiali nelle strutture con calcestruzzo degradato e di qualità scadente e per stimare le variazioni nel tempo delle proprietà del calcestruzzo. Non è destinato però a sostituire i metodi utilizzati per la determinazione della resistenza a compressione. Questa può essere stimata approssimativamente solo in presenza di una curva sperimentale di taratura, che correli l’indice di rimbalzo “IR” alla resistenza a compressione (ottenuta mediante il prova di compressione su carote) di calcestruzzi considerati analoghi per cantiere, data, fornitore, ambiente di maturazione e classe di getto.

La curva sperimentale che si può ottenere è resa possibile dal seguente principio: l’energia restituita nel rimbalzo della massa dello sclerometro è legata principalmente al modulo elastico del materiale e quindi indirettamente alla resistenza meccanica del calcestruzzo.

Per una corretta esecuzione della prova occorre che la superficie di prova sia stata preventivamente pulita e spianata con pietra abrasiva, evitando le zone con presenza di armature metalliche. Occorre inoltre verificare durante tutte le operazioni di prova, il corretto funzionamento dello strumento, che risulta essere molto delicato, su un incudine di taratura del produttore.

Le condizioni dello strato superficiale del calcestruzzo (umidità, alterazioni da carbonatazione o aggressioni chimiche, micro fessurazioni, ecc.) hanno influenza sul valore dell’indice di rimbalzo.


(UNI EN 12504-2)

Lo sclerometro consiste in una massa battente scorrevole su un’asta guida che riceve un’energia potenziale dalla tensione di una mola calibrata. La massa, battendo sul puntale, rimbalza in modo proporzionale alla durezza superficiale dell’agglomerato. Un indicatore viene trascinato dal movimento di rimbalzo della massa lungo una scala graduata, fornendo così il valore di rimbalzo (indice di rimbalzo “IR”).

Il metodo sclerometrico può essere utilizzato per valutare l’omogeneità del calcestruzzo in situ, per avere una indicazione della durezza superficiale, per delimitare regioni superficiali nelle strutture con calcestruzzo degradato e di qualità scadente e per stimare le variazioni nel tempo delle proprietà del calcestruzzo. Non è destinato però a sostituire i metodi utilizzati per la determinazione della resistenza a compressione. Questa può essere stimata approssimativamente solo in presenza di una curva sperimentale di taratura, che correli l’indice di rimbalzo “IR” alla resistenza a compressione (ottenuta mediante il prova di compressione su carote) di calcestruzzi considerati analoghi per cantiere, data, fornitore, ambiente di maturazione e classe di getto.

La curva sperimentale che si può ottenere è resa possibile dal seguente principio: l’energia restituita nel rimbalzo della massa dello sclerometro è legata principalmente al modulo elastico del materiale e quindi indirettamente alla resistenza meccanica del calcestruzzo.

Per una corretta esecuzione della prova occorre che la superficie di prova sia stata preventivamente pulita e spianata con pietra abrasiva, evitando le zone con presenza di armature metalliche. Occorre inoltre verificare durante tutte le operazioni di prova, il corretto funzionamento dello strumento, che risulta essere molto delicato, su un incudine di taratura del produttore.

Le condizioni dello strato superficiale del calcestruzzo (umidità, alterazioni da carbonatazione o aggressioni chimiche, micro fessurazioni, ecc.) hanno influenza sul valore dell’indice di rimbalzo.


(BS1881:204 - DIN 1045)

Per la verifica della posizione delle armature senza dover ricorrere alla rimozione del copriferro si può procedere con la prova magnetometrica, utilizzando il “pacometro”. Lo strumento sfrutta il metodo delle correnti parassite (eddy current) e consente di localizzare puntualmente le armature, stimandone il loro diametro (se le barre risultano sufficientemente distanti tra loro) e la misura del coperiferro.

Per la sua praticità di impiego viene anche utilizzato per individuare la posizione delle armature metalliche in tutte le stazioni di misura di prove sclerometriche e ultrasoniche (in modo da escluderle dalla superficie di prova) e per i prelievi di carote (evitando percorso della corona diamantata).


(UNI 9944 - UNI EN 14630)

Il più noto tra i processi chimici che interessano le alterazioni del calcestruzzo è la "carbonatazione". Questa reazione chimica è un fenomeno caratteristico delle strutture esposte all’aria e si sviluppa dalla superficie esterna verso l'interno dell’elemento in funzione della porosità del calcestruzzo.

Il problema principale dovuto al presentarsi del fenomeno è la diminuzione del PH del calcestruzzo da un valore normale di circa 13 a valori inferiori o uguali a 9 e di conseguenza dell'effetto di passivazione del calcestruzzo nei confronti delle armature, che iniziano a corrodersi diminuendo la propria sezione resistente, e aumentando di volume espellendo il copriferro di cls.

In situ, per la determinazione del PH dei calcestruzzi si può usare il metodo colorimetrico che permette di indagare vaste zone. Consiste nello spruzzare, mediante nebulizzatore, su una superficie di calcestruzzo appena messa allo scoperto (per esempio una carota o una zona appena scarificata, previo pulizia delle stesse dalla polvere cementizia residua sulla superficie) una soluzione alcolica di fenoftalina all’1%, indicatore di pH che rimane incolore al di sotto di valori di pH 9,2 (superficie acida), mentre evidenzia di colore magenta le superfici il cui pH sia maggiore, caratteristici dello stato di passivazione del ferro (superficie basica).